Disegno dell’anello in oro di Egnazia, fine del VI – inizi del VII secolo d.C.
Chi siamo?
E da dove veniamo?
La cava è un luogo di scavo, parola che nell’azione del togliere, appartiene anche all’archeologo.
L’arte del levare mira allo svelamento, al riconoscimento delle tracce, ai significati. Sulla terra calpestiamo stratificazioni di un mondo millenario, pietre con cui si sono costruite case fin dall’antichità, segnate in modo visibile dalla storia, come reperti di un passato che emette radiazioni positive sul presente.
Terra oggetto di indagine. Perché e come scavare? Quali rapporti tra gli oggetti e le terre che li contengono?
Il sottosuolo come risorsa e l’evidenza archeologica come bellezza danno lustro al presente, la memoria dà profondità e valore alle imprese attuali.
Quale relazione tra il lontano passato di un territorio, il suo presente e le storie degli uomini? Chi siamo e da dove veniamo?
Tremila anni avanti Cristo questa terra era sicuramente abitata e già millecinquecento anni avanti Cristo un villaggio sulle rocce era protetto da un muraglione difensivo costituito da blocchi calcarei e l’argilla veniva già trasformata in terracotta e ceramica: la futura Egnazia. Vestigia di strade, canali, fornaci, basiliche, templi, terme, moli imponenti conservati sotto la superficie del mare raccontano una grande storia di sedimentazioni di civiltà dove la natura è stata assecondata.
Il tempo lavora in un movimento continuo, con scivolamenti, cadute e rinascite. E’ una storia fatta di rimescolamenti, sopravvivenze e anacronismi. In questo senso il territorio è l’esito dinamico di un inarrestabile processo di formazione.
Ritorni spesso inattesi, come questa cava in cui ci troviamo, vivono un creativo riuso o sorprendono con il ritrovamento di tesori inaspettati.