Frantoio ipogeo

via Alberobello 16
Coordinate GPS 40.705958, 17.329834

A spasso con Giovanni

Note storiche a cura di Giovanni Liuzzi

 

La lavorazione delle olive nei tempi passati avveniva per lo più in sotterranei appositamente scavati o in grotte naturali. Nel territorio di Martina si è conservato qualche esemplare di trappeto ipogeo, come quello ubicato all’inizio della strada provinciale per Alberobello al numero civico 16, a breve distanza dalla ferrovia.

Ogni frantoio veniva diretto da un nocchiere (il termine dialettale è nagghijre), dal quale dipendevano i vari operai o trappetari, addetti a varie mansioni: riempire la vasca della quantità di olive necessaria per una infrantoiata; legare gli asini o i muli bendati agli assi della macina che, ruotando, produceva lo schiacciamento del prezioso frutto; trasferire successivamente la pasta ottenuta nelle gabbie (torchi a vite posizionati lungo i muri perimetrali); avviare la spremitura finale.

Il liquido così ottenuto veniva versato in un tino di legno e fatto decantare per qualche tempo, finché un lavorante, con la sessola, estraeva l’olio galleggiante sulla parte acquosa (morchia) e lo travasava nelle pelli (ossia negli otri), da trasportare in casa del cliente. Qui il prodotto si depositava in una postura (piccolo pozzo) per l’ulteriore decantazione.

Un elemento importante del trappeto ipogeo era la temperatura: trattandosi di un ambiente sotterraneo, si manteneva costante, intorno ai 20 gradi, per consentire un più rapido distacco dell’olio dalla sansa. Un processo produttivo defatigante, poi dissolto dall’avvento della rivoluzione industriale.