Inaugurazione
Venerdì 26 maggio | ore 18,00 |
Cava Prete Santo (San Lazzaro)
Per l’occasione si esibisce la Banda Roncati
Intervengono Rappresentanti istituzionali
della Regione Emilia Romagna,
della Città Metropolitana di Bologna,
dei Comuni di San Lazzaro di Savena, Ozzano e Pianoro
Introduce Corrado Petrocelli
presidente del Festival dei Sensi
Parlano
Pierluigi Cervellati
Franco Farinelli
SELENITE
Al XVI grado del segno del Cancro appartiene la pietra chiamata specchietto della luna;
porta questo nome perché non la si trova se non di notte e con la luna piena.
È per sua natura fredda e umida, di colore bianco e molto leggera di peso e assume tutti i colori che vi si pongono vicino. Si trova in terra d’Occidente più che in altri luoghi, in grotte situate in luoghi deserti, e solo di notte, quando la luna è piena. Per ciò gli abitanti di quella terra credono che sia creata dalla luna, al momento, in quella occasione, e per questo le viene attribuito quel nome; ma altri la chiamano “schiuma di luna”, e i caldei “ceduluquindat”, che ha lo stesso significato. La proprietà di questa pietra è tale che, se si dà da bere la limatura di essa a colui che è invasato dal diavolo, lo guarisce.
E protegge colui che le porta con sé dalla stessa infermità; e se la si appende a un albero farà crescere e maturare i frutti molto in fretta. Le due stelle, la settentrionale e la meridionale che si trovano sulla testa del serpente detto Idra, esercitano la loro influenza su tale pietra, che ne riceve la virtù; e quando entrambe sono al Medio Cielo, questa pietra manifesta la sua opera in modo più evidente.
(da Lapidario di Alfonso X il Saggio, re di Castiglia e Léon, 1250 circa,
trascrizione in castigliano di antiche opere arabe)
L’uso della selenite è documentato sin dall’antica Mesopotamia, ebbe largo impiego anche al tempo dei Romani, nel Medioevo e con fortune alterne fino ai nostri giorni. Trasparente, prima dei vetri la selenite servì per le finestre; e poi antiche mura, fondazioni, architravi, capitelli, basi per torri e portici: tenera, flessibile, poco porosa, facile da lavorare e bella. Qui, in questi territori, alla fine dell’ ‘800 si passò a un’attività estrattiva meccanizzata
e allo sfruttamento industriale, con pesantissime conseguenze ambientali. Alla fine degli anni ‘80 finalmente si è costituito il Parco dei Gessi: pendici coltivate, falesie di selenite, calanchi di argille scagliose, rupi, grotte dove l’acqua si inabissa e poi riaffiora, una fauna particolare, erbe siepi arbusti profumati.
Questa storia inizia circa sei milioni di anni fa, quando nei bassi fondali dei mari, ai piedi dell’Appennino
si formano i gessi.
Sotto i fiori c’è una storia.