Un bellissimo campo di ciliegi nella Tenuta di Santa Cecilia, situata sulle colline a est di Bologna, all’interno del Parco naturale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell’Abbadessa: l’azienda agricola biologica nasce nel 1998, quando fu affidato all’architetto Luigi Caccia Dominioni l’incarico di ripensare la casa che diventerà poi, da lui disegnata, il simbolo della tenuta. Il giardino si prolunga nelle antiche viti di fronte a casa e si ammirano per la bella trama disegnata sul paesaggio. Da qui la vista si apre a sud verso la collina orlata di cipressi e verso l’antica Abbazia di Santa Cecilia della Croara; a nord appare la città con le sue torri, la pianura e in lontananza le Prealpi e i Colli Euganei.
Questo territorio vanta da sempre una importante vocazione alla viticoltura grazie al microclima particolarmente favorevole e al suolo, geologicamente “terre dei gessi e sabbie gialle”. L’Abbazia di Santa Cecilia, attestata sin dall’anno 1095, fu importante convento benedettino con molti oratori e poderi, abbondanza di foraggi, frutta, ortaggi e viti. Non molto diversa la produzione nei secoli successivi: l’uva apprezzata e di qualità preziosa produceva vini delicati e generosi.
Circa un secolo fa, un giovane artista botanico dilettante curioso e ipersensibile trascorreva su queste colline soggiorni estivi. Coglieva esemplari di essenze, erbe e fiori esaltando l’esuberanza vegetale e la fragilità di un’estenuante bellezza in un prezioso, estroso erbario. Negli stessi anni pubblicava i suoi primi versi, I canti della Croara, firmandosi per la prima volta con lo pseudonimo che lo renderà famoso, Filippo de Pisis.
Ore 1 e 15. Torno ora da una passeggiata alla villa Cavazza (Pallavicino nughet alla Croara) in compagnia di Donato Zandrini. Vado per San Ruffillo e torno per San Lazzaro: 20 km!?
Faccio a notte alta il viale dei cipressi nerissimi. Prima attraverso il Savena la strada dell’andata e del ritorno meravigliosa. Stelle, lucciole, alberi fronzuti, canti di rane, di grilli, del cuculo, del rusignolo, ville, case illuminate, lumi lontani, cavedagne, stradelle, praticelli, colline, bosco là giù, linee, delirii, commovimento, delirii, estasi, ritorni, senso di abbandono e di ironia del senso romantico del paesaggio…
(Filippo de Pisis. Vaghe Stelle dell’Orsa, Diario, Bologna 1916-1918. Notte, giovedì-venerdì 10 maggio 1917)